LA ZUPPA DEL LEBBROSO – Racconto Zen

LA ZUPPA DEL LEBBROSO

a cura di Ciro A. R. Abilitato

Mantra – Om Shanti Shanti Shanti Vyanah

Il maestro Tosui, capo spirituale di un grande santuario, decise un giorno di abbandonare il sacro luogo a cui era stato destinato per unirsi a dei mendicanti lebbrosi. Un tempo, quando la lebbra non era infrequente, coloro che ne erano affetti, a tutti invisi e ovunque perseguitati, erano costretti a vivere in comunità isolate dal mondo. Uno dei suoi discepoli, vedendo il maestro dare disposizioni agli altri monaci per la cura del tempio in sua assenza, volle seguirlo. Tosui gli disse: «Se proprio desideri seguirmi, abbandona tutto e vieni pure! Ti basterà una stuoia di paglia per dormire». Il discepolo, allora, abbandonò risoluto ogni cosa e seguì il suo amato maestro. Un giorno Tosui gli comandò di scavare una fossa per seppellire un uomo appena morto di lebbra. Il discepolo obbedì, e scavò una  fossa profonda per il lebbroso morto. Il cadavere era completamente piagato dalla lebbra e putrefatto, e tuttavia, quando il maestro ordinò al discepolo di aiutarlo a calarlo nella tomba, questi obbedì ancora, sebbene non gli riuscisse di vincere la nausea. Dopo aver dato sepoltura al lebbroso, il discepolo, per rimettersi in forza, chiese a Tosui del cibo. Il maestro rispose: «Se vuoi, mangia pure la zuppa del morto». A queste parole, il discepolo pensò: «Se non lo facessi, mostrerei che la mia determinazione vacilla. Dunque devo mangiare!». Ma il giovane non poté inghiottire la pietanza, perché la gola gli si era serrata. La zuppa contaminata non voleva saperne di passare. Il maestro Tosui, vedendolo in difficoltà, allora gli disse: «Essere mio discepolo è molto difficile, lo so; e tu non ne sei in grado». Le parole del maestro suonarono dure alle orecchie del giovane discepolo, che all’udirle scoppiò in lacrime, ma Tosui impietoso continuò: «La mia dimensione e la tua non coincidono. E anche le nostre condizioni sono diverse. Mi dispiace, ma tu non puoi essere un mendicante. Il tuo destino, purtroppo, è di tornare indietro, giacché seguendomi ti sei spinto troppo avanti per le tue forze. Tornerai perciò sui tuoi passi fino al tempio che abbiamo lasciato, e lì ti fermerai per dirigerlo, giacché ne sarai il priore». E così avvenne. Il giovane salutò il maestro con le lacrime agli occhi e fece ritorno al santuario che pochi mesi prima aveva lasciato insieme al suo maestro come semplice monaco per divenirne il priore. Nessuno può immaginare quale dispiacere il discepolo portasse nel cuore nel separarsi dal maestro, né quale tristezza lo accompagnasse per il resto della vita nel pensarlo solo e lontano; così come nessuno può credere quanto fosse stato felice il maestro per essere riuscito a separare quel suo discepolo da sé.

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